Letra de Autodafè
Prendo le distanze da me
Perché non voglio avere niente a cui spartire con me
Da condividere con chi come me non fa nulla per correggersi
Sono il mio nemico, il più acerrimo
Carceriere di me stesso con la chiave in tasca
Invoco libertà ma per adesso so che questa cella resterà sprangata
A triplice mandata dall'interno
Sono l'anima dannata messa a guardia del mio inferno
Reprimo ogni possibile me
Inflessibile, inarrestabile nel mio restare fermo immobile
Segno i giorni scorrere sul calendario
Faccio: la vittima, il mandante ed il sicario
Sono l'Uomo Nero che turbava i sogni quando li facevo
Credevo di esser libero
Ma non mi conoscevo come adesso
Ed ego non mi absolvo neanche quando mi confesso
Dei peccati che ho commesso
*Guido un autodafè*
In cattiva compagnia soprattutto se sto solo
Negativo come i G in una picchiata
Prendo il volo, salgo, stallo e aspetto il peggio
Che non sta nella caduta ma nell'atterraggio
Come dice Hubert
Malato immaginario più di quello di Molière
Sono il mio gregario e mi comporto da Salieri
E non chiedermi il perché
Che come il Tethered quando perdo il filo poi non mi puoi più riprendere

"Parlo per me stesso
Parlo per me stesso
Parlo per me stesso
E non mi pare poco"

Caro amico non ti scrivo, non ti cerco e non ti chiamo mai
Batti un colpo se ci sei e se stai ascoltandomi
Strappami da questo mio torpore atarassico
Mi son perso dentro un parco che è giurassico e non trovo vie d'uscita
Vieni a prendermi o precipito, scivolo
Come Maximillian, verso il buco nero del fastidio
Nel tedio per me non c'è rimedio
E me ne accorgo perché sono sotto assedio mentre tu mi fai l'embargo
Critico, m'arrampico su cattedre che non mi spettano
E mi accorgo solo dopo un attimo che esagero
Ma come al solito il danno fatto è irreparabile
La storia è irreversibile
La mia memoria è labile, lavabile
Abito quest'ombra con contratto ad equo-canone
Pagando la pigione all'abitudine
E prendendo l'eccezione come regola di vita
Sto di casa a pianterreno e gioco a fare lo stilita
Vago, divago, come il dr. Zivago
Io mi sbraccio e non mi vedi
Cerco mani e spesso trovo piedi
Cerco fumi e trovo lumi che mi bruciano
Ed io so bene che le cicatrici restano
Carta, penna e poco più per stare a galla
Nella testa il mio pensiero è come un ragno in una bolla
Seduto in riva al fiume aspetta di veder passare il mio cadavere...
Pazientemente...

"Parlo per me stesso
Parlo per me stesso
Parlo per me stesso
E non mi pare poco"